Jeroboam Gravel Challenge raccontata da un partecipante Jeroboam Gravel Challenge raccontata da un partecipante
Fabrizio Macaluso Scritto da  Set 18, 2019

Jeroboam Gravel Challenge 300 raccontata da un partecipante In evidenza

Dal 20 al 22 settembre torna Jeroboam Gravel Challenge, diventata in soli 2 anni una classica del panorama gravel italiano: 300 km, 6.000 metri di dislivello e un terreno tanto tecnico quanto sorprendente.

I più forti hanno bisogno di circa 20 ore, gli ultimi attorno alle 40, ma per tutti un appuntamento dal divertimento insuperabile e una emozione da ricordare. Questo è il ricordo della mia passata esperienza...

Lo scorso anno, quando la pianificazione della Jeroboam era ancora nelle menti di Andrea ed Eddi, e Michele e Nicoló stavano ancora esplorando i monti per trovare le tracce migliori su cui passare in bicicletta, io e Carlo abbiamo cominciato a scherzare sulla possibilità di parteciparvi percorrendo il percorso gravel da 300km. Non c´è voluto molto a convincerci, infatti dopo qualche giorno eravamo già iscritti. Inutile dire che eravamo entrambi assolutamente impreparati e non avevamo idea di dove ci fossimo cacciati. In ogni caso era troppo tardi per fare un passo indietro perchè la voce si era già sparsa in ufficio e tutti si aspettavano che portassimo i colori di 3T fino all´arrivo.

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Ci siamo resi conto che non sarebbe stato affatto un giro semplice nel momento in cui Michele, la mente dietro la parte montana del percorso, ci ha detto che sulla sua 3T Exploro avrebbe utilizzato le gomme WTB Nano 27,5”x2.1 e nulla di meno. Queste sono ufficialmente alcune delle piú larghe della vastissima gamma di gomme che puó essere installata sul telaio all-road dell´Exploro (la forcella puó ospitare fino ad una WTB Ranger 27,5”x2,25 ndr). In un batter d´occhio il weekend dell´evento era alle porte e già dal venerdí tutti hanno lavorato duro per costruire il Jeroboam Village nel centro di Erbusco, piccolo paese a due passi dal lago d´Iseo. Quasi dal nulla, tutta la piazza era piena di gazebo con birra, musica, officina meccanica, parco giochi per bambini e tanto altro. Di li a qualche ora i piú svariati tipi di biciclette insieme ad i loro padroni si sarebbero riuniti li in una pacifica invasione.

Alle 7 del mattino di Sabato, una folla di ciclisti affamati nelle loro ticchettanti scarpe tacchettate erano giá svegli e stavano compiendo, quasi religiosamente, il loro pellegrinaggio verso il bar e la pasticceria, assumendo l´ultima porzione di carboidrati e caffeina prima della partenza. C´erano tanti vecchi amici e molte nuove conoscenze all´evento, sia sotto loro gazebo all´expo village che in sella ad una bicicletta.

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La Jeroboam è un bike festival e non una gara, quindi non c´e nessuna tensione tra le persone e tutti erano rilassati (tranne Mario Bramati, il meccanico ufficiale della Jeroboam, che ha dovuto risolvere tutti i problemi dell´ultimo minuto sulle bici dei partecipanti. Grazie Mario!).

Adoro questa atmosfera! Giusto il tempo di qualche regolazione finale alle borse ed era il momento di partire. I primi 50km di gravel sono stati relativamente semplici e ci hanno portato attraverso la stupenda regione della Franciacorta e su per la bellissima Val Trompia. Il percorso non era difficile ma ci siamo fermati 3 o 4 volte per risolvere qualche problema tecnico sulle bici di alcuni riders. La prima salita è stata breve ma molto ripida e ci ha portato a Lodrino, dopo di che giù verso il primo ristoro al Parco delle Fucine, dove Davide e Jens si sono occupati di rifocillarci prima di farci ripartire verso la parte piú dura del giro. Per i successivi 25km la nostra piú grande nemica è stata la forza di gravità: 1200m di dislivello superati in un colpo solo.

In alcuni tratti ci siamo trovati a spingere le bici perchè gli strappi erano troppo ripidi (per noi) ma ne è valsa la pena! Ci siamo trovati di fronte a panorami mozzafiato e ancora rimpiangiamo di non esserci fermati piú spesso ad immortalare le bellezze naturali delle prealpi Bresciane. Ad un certo punto abbiamo notato delle bici appoggiate davanti ad un bar, scusa perfetta per fermarsi a bere qualcosa di fresco e mandare giú un pó di cibo! Qui abbiamo fatto la conoscenza di Ausilia e Sebastiano, una coppia di ciclisti a cui piace attraversare l´Alaska in bici nel tempo libero (ovvero due dei finishers dell´Iditarod), e Paolo, un vero bikepacking-dipendente.

Da quel momento abbiamo unito le forze e siamo andati avanti insieme fino a notte fonda. La strada puntava continuamente verso l´alto e la vista diventava sempre più stupefacente curva dopo curva. Il panorama di cui si gode a Pian del Bene lascia a bocca aperta. Dopo qualche centinaia di metri di portage, siamo arrivati al punto più alto della Jeroboam 300, Passo Pezzeda a 1650 mslm. L´aria qui era pulita e fresca, e i miei polmoni andavano su e giú veloci. Avevo la mia bici e una manciata di amici con cui condividere questo momento, non mi serviva altro.

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Non appena cominciata la discesa, ci siamo resi conto che non sarebbe stata una passeggiata di salute. Le importanti precipitazioni dei giorni passati avevano trasformato la strada di terra battuta in quello che sarebbe stato il nostro campo di battaglia per i prossimi 10km: una ripida mulattiera di grossi sassi smossi. Sebbene fossi completamente concentrato nell´uscire vivo da quella situazione, mi ricordo di essere stato sorpreso da quanto la mia bici si comportasse bene. Qualcuno avrebbe potuto obiettare che non trattasse più di “gravel” e che sarebbe servita una MTB. Ebbene, avrebbe avuto ragione! C´è da dire però che io sono stato in grado di percorrere la discesa senza grossi problemi sulla mia bici da gravel, la stessa bici che mi ha permesso poi di andare molto piú veloce (o di fare molta meno fatica) quando il fondo è diventato compatto o addirittura asfaltato.

Questo è il vero concetto di “all road”, riuscire ad andare in bicicletta, divertendosi, su una vasta tipologia di terreni. La discesa è stata lunga e siamo arrivati al secondo ristoro, il rifugio Amici Miei, giusto in tempo per l´ora di cena. Un paio d´ore con le gambe sotto al tavolo ed il flusso di spaghetti, quasi ininterrotto, dalla cucina ai nostri piatti, ci ha permesso di risollevare morale e livelli di glicogeno allo stesso tempo. La notte era calata da un pezzo ma abbiamo deciso di continuare ad andare. Il fascio di luce delle nostre torce tagliava l´oscurità. Tutto era silenzioso attorno a noi e nessuno parlava. Pedalavamo in salita circondati dal profilo magico delle montagne alla luce della Luna.

Quasi tutti i villaggi attraversati erano già addormentati. Eccetto per uno, Presegno. Gli abitanti di questo sparuto gruppo di case stavano festeggiando nella piazzetta e ci hanno invitato a fermarci e prendere un pezzo di torta ed un bicchiere di vino rosso del posto. Vivo per questo tipo di incontri!

Abbiamo messo piede nel paesino di Capovalle alle 3 del mattino e li abbiamo condiviso l´unico bar aperto a quell´ora con alcuni avventori occupati in un appassionato karaoke. Vi lascio immaginare le facce degli aspiranti cantanti alla vista del manipolo di ciclisti sporchi e sudati a quell´ora della notte. Carlo ed io eravamo stanchi, ed insieme a Giorgio e Pier (che si sono uniti al gruppo dopo il rifugio), abbiamo trovato una tettoia e ci siamo rintanati nei nostri sacchi a pelo fino all´alba.

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Svegliati dal ragliare di un asino che sembrava spronarci ad alzarci e tornare in sella, ci siamo resi conto di aver condiviso lo stesso tetto con un´allegra famigliola di ragni giganti che per fortuna ci ha dato ulteriore dimostrazione di ospitalità, evitando di sbranarci nel sonno... ci trovavamo in una fitta nebbia. Sia i sacchi a pelo che i vestiti lasciati appesi alle bici erano zuppi. Dopo aver caricato le bici, in un attimo il gruppo era già pronto per la caccia al cappuccino, terminata qualche minuto dopo, nell´unico bar aperto che avremmo incontrato per i successivi 40km.

La seconda parte del percorso era la meno dura sebbene abbiamo dovuto spingere le bici su un paio di muri spaccagambe. Altri due scollinamenti a 1350msl ci separavano dal ristoro successivo. L´aria frizzante del mattino rendeva piacevole andare in salita e, nonappena oltrepassata la coltre di nebbia, un tiepido sole ha iniziato ad asciugarci le ossa dall´umiditá della notte precedente. Per tutto il tempo, non siamo mai usciti da un bosco che sembrava lo scenario di una fiaba, intervallato solo da verdi prati e baite.

Sono rimasto impressionato dalla bellezza della natura che si puó trovare anche restando cosí vicini alla a Brescia. Arrivati in cima al primo dei due picchi, Piergiorgio ha rinvenuto dal fondo dello zainetto due panini al prosciutto prontamente condivisi con gli altri... inutile dire che in quella situazione ci è sembrato il panino più buono che avessimo mai assaporato!

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Il morale era alle stelle e a mezzogiorno ci trovavamo al Rifugio Dosso Piemp, dove Andrea (Benesso) ci stava aspettando con un sorriso a 32 denti e un vassoio di salutari barrette energetiche, da noi accolte con gioia fino a che l´Alpino che gestiva il rifugio non ci ha proposto un piatto di tagliatelle al ragù di cinghiale. Sorry Andrea! Con nostra grande sorpresa abbiamo appreso da Andrea che eravamo gli ultimi riders sul percorso perchè circa la metà si era ritirata dopo il secondo check point. Con molta forza di volontà abbiamo frenato la voglia di una pennichella e siamo partiti per la ancora lunga pedalata che ci separava da Erbusco.

Durante i successivi 10km di discesa abbiamo potuto godere del meraviglioso panorama che il lago di Garda ci regalava. Sapevamo che ci eravamo lasciati alle spalle la parte piú dura ma anche che mancavano ancora 120km all´arrivo! Non aveva importanza, adesso andavamo veloci e qualche chilometro di asfalto non poteva che essere il benvenuto. Le gambe giravano veloci e dopo poco abbiamo raggiunto il resto del gruppetto, che invece aveva pedalato durante tutta la notte. Nonostante le luci potenti, la tecnicità del percorso gli aveva giocato un brutto scherzo, rallentandoli molto. Insieme abbiamo attraversato Brescia guidati da Carlo che ci è nato e cresciuto, e subito dopo ci siamo tuffati nelle vigne della Franciacorta. Insieme, abbiamo visto il sole tramontare per la seconda volta.

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Molto stanchi ed estremamente felici, ci siamo ritrovati di nuovo ad Erbusco. Non c´era piú nessuno al villaggio, se non lo zoccolo duro dell´organizzazione della Jeroboam, che aspettava gli ultimi sopravvissuti. Giusto il tempo di un paio di foto di rito e avevo giá in mano un pezzo di pizza gigante ed una birra fredda.

Che giro ragazzi! Avevo concluso la mia prima Jeroboam 300, è stata dura, è stato di gran lunga il giro gravel piú duro che avessi mai fatto. Il mix di chilometri, salite e condizioni del terreno è stato devastante. Non è decisamente un giro adatto a tutti, proprio per questo è una sfida!

Voi ce la farete? Ci vediamo il 20 Settembre 2019!

Potete leggere l'articolo, anche in inglese, a questo link: https://blog.3t.bike/2018/10/4000/riding-the-jeroboam-300/

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